Il cd. “Decreto Dignità” (D.l. n. 87 del 12 luglio 2018, recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”) è stato convertito dalla L. 96/2018 pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’11 agosto 2018. Tra le materie toccate dal decreto in esame, assumono particolare rilevanza le modifiche e novità apportate al contratto di somministrazione di lavoro.
Il primo intervento legislativo ha avuto ad oggetto il testo dell’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 rubricato “Disciplina dei rapporti di lavoro”.
La citata previsione normativa, in principio, stabiliva che “il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III” (i.e. le norme di legge in materia di lavoro a termine) “per quanto compatibile”, con esclusione delle previsioni in materia di limiti di durata e le causali (artt. 19, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo citato), proroghe e rinnovi (art. 21), numero complessivo di contratti a tempo determinato (art. 23) e diritti di precedenza (art. 24).
La novella legislativa ha, dunque, confermato l’inapplicabilità della disciplina del contratto a termine in materia di numero massimo di contratti stipulabili e regime dei diritti di precedenza, applicando, invece, alla somministrazione di lavoro – diversamente da come avveniva in precedenza – le novità legislative previste in tema di limiti massimi di durata, nonché di proroghe e rinnovi.
Pertanto, le modifiche che sono intervenute riguardano soltanto il primo periodo del comma 2 dell’art. 34, citato, mantenendo invece invariato il secondo periodo in ragione del quale “il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore”.
Alla contrattazione collettiva è affidata, pertanto, non solo la possibilità di intervenire per stabilire termini di durata della somministrazione superiore ai 24 mesi previsti dalla legge, o per individuare un numero di proroghe maggiore (e ciò in combinato disposto con l’art. 19, comma 2), ma anche per individuare ulteriori causali.
Inoltre, viene precisato come la disciplina in tema di causali si applichi “esclusivamente all’utilizzatore”, con la conseguenza che le limitazioni ivi previste non devono essere rispettate anche dall’agenzia interinale o di somministrazione.
Alla luce della inapplicabilità ai contratti di somministrazione a tempo determinato della disciplina sul numero massimo di contratti stipulabili dettata per il lavoro a termine, la legge di conversione è intervenuta dettandone una specifica per il lavoro somministrato.
Infatti, fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore nonché il limite disposto per i contratti a termine (20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato):
“il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti, con arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro. È in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, di soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali” (nuova formulazione dell’art. 31, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015).
In caso di violazione di tale limite percentuale, gli artt. 38, comma 2, e 40, comma 1, D.Lgs. 81/2015, rimasti inalterati all’esito della novella legislativa in esame, prevedono, rispettivamente, la facoltà riconosciuta al lavoratore di chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore, con effetto dall’inizio della somministrazione, nonché la sanzione amministrativa pecuniaria per l’utilizzatore da 250 a 1.250 euro.
Non meno significativa è la reintroduzione della c.d. “somministrazione fraudolenta”.
Tale fattispecie, già prevista e disciplinata dalla nota “Legge Biagi” (D.Lgs. n. 276/2003) e successivamente abolita dal D.Lgs. 81/2015, si configura “quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore”.
In tale ipotesi “il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione”.
Non sono previste conseguenze sul rapporto di lavoro.
Considerata la formulazione della disposizione in esame, che non specifica quali possano essere considerati i presupposti della condotta fraudolenta, spetterà di volta in volta alla magistratura valutare se sussista il dolo di somministratore e utilizzatore necessario al fine della configurazione della fattispecie di somministrazione fraudolenta.