Nella recente Sentenza della Corte di Cassazione Lavoro del 14.03.2019 n. 7306 viene statuito che qualora il datore di lavoro consegni a mani e in busta chiusa una lettera al lavoratore e quest’ultimo si rifiuti di riceverla, al fine di rendere conosciuto l’oggetto della medesima ha l’obbligo di leggere o informare sommariamente il lavoratore del relativo contenuto.
Nel caso trattato dalla Suprema Corte, il datore di lavoro consegnava a mani al dipendente una busta chiusa contenente una contestazione disciplinare che il lavoratore si era rifiutato di ricevere. La società provvedeva a irrogare la sanzione disciplinare con la sospensione di dieci giorni dal servizio e successivamente inviava per raccomandata al domicilio del lavoratore la contestazione disciplinare.
Si rileva, però che a seguito della dichiarazione di illegittimità della sanzione, la società datrice di lavoro ricorreva in Cassazione al fine di veder dichiarato un principio di diritto in merito alla consegna di lettere al lavoratore sul luogo di lavoro.
La Corte di legittimità si pronunciava con Sentenza n. 12555/2011 dichiarando che:
Esiste l’obbligo, in linea di massima, del lavoratore subordinato di ricevere sul posto di lavoro e durante l’orario lavorativo comunicazioni, anche formali, da parte del datore di lavoro o di suoi delegati, in considerazione dello stretto vincolo contrattuale che lega le parti di detto rapporto. Sicché il rifiuto del lavoratore, destinatario di un atto unilaterale recettizio, di riceverlo comporta che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta, in quanto giunta ritualmente, ai sensi dell’art. 1335 c.c., a quello che, in quel momento, era l’indirizzo del destinatario
In ragione di questa Sentenza veniva riassunto il giudizio dal datore di lavoro in un nuovo Collegio della Corte di Appello. Anche in questa sede la Corte rigettava il ricorso della società datrice di lavoro e confermava l’illegittimità della sanzione irrogata.
La Corte di Appello precisava che:
non essendo stata aperta la busta, non vi era prova che in essa fosse contenuta la lettera di contestazione disciplinare, dato che, neppure i testi escussi, hanno potuto asserire con certezza che il contenuto della detta busta fosse proprio la lettera di contestazione al lavoratore dell’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro.
Sulla questione, come indicato in premessa, si è espressa, infine, la Corte di Cassazione il 14.03.2019, sempre adita dal datore di lavoro. Viene confermato dalla Suprema Corte che in base a quanto dichiarato concordemente dai testi escussi, la busta da consegnare al lavoratore non era stata aperta e l’addetto alla consegna non aveva neanche tentato di leggerne il contenuto. Tutto ciò ha comportato che non fosse stato accertato quale fosse l’oggetto della comunicazione di cui il lavoratore era destinatario, atteso tra l’altro che nei confronti del lavoratore erano state mosse varie contestazioni disciplinari ed applicate molte sanzioni.