Clausola di gradimento del lavoratore - Studio Legale Bronzini

Clausola di gradimento del lavoratore

Il Tribunale di Torino con ordinanza del 04.03.2019 n. 4226 ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore in virtù di un mero esercizio discrezionale della clausola di gradimento ad opera della società committente.

Nel caso di specie la committenza aveva stipulato con una cooperativa un contratto di appalto per servizi di pulizia inserendo nel capitolato di appalto la c.d. clausola di gradimento.

In virtù di questa clausola la società committente richiede alla cooperativa l’immediato allontanamento di un lavoratore, addetto alle pulizie, dal luogo di lavoro. La cooperativa, società datrice di lavoro, provvede prima a preannunciare e poi direttamente ad intimare il licenziamento al lavoratore per giustificato motivo oggettivo in quanto richiesto espressamente dalla committente.

Clausola di gradimento nei contratti di appalto

La clausola di gradimento nei contratti di appalto legittima, in linea generale, la società committente a richiedere alle controparti l’allontanamento o il trasferimento dei lavoratori “non graditi” ma solo se non siano violati i principi di correttezza e buona fede.

Il Tribunale di Torino osserva in via preliminare che il motivo fondante del licenziamento deve essere, ai sensi dell’art. 1 della legge 604/1966 non solo oggettivo ma anche “giustificato”.

E’ erroneo sostenere che il potere di gradimento, derivante da una clausola contenuta nel capitolato di appalto, si traduca in una sorta di facoltà di recesso ad nutum, che paradossalmente sorgerebbe in capo non al datore di lavoro, ma ad un terzo.

Già la Corte di Cassazione con sentenza 194/2018 ribadisce l’esistenza di un diritto costituzionalmente garantito del lavoratore

a non essere estromesso dal lavoro ingiustamente o irragionevolmente.

Correttezza e buona fede

Il Tribunale di Torino quindi specifica che non deve ritenersi illegittima ogni clausola di gradimento contenuta all’interno di un capitolato di appalto, ma che l’esercizio della facoltà scaturente da tale clausola deve essere ispirato a correttezza e buona fede, quindi non deve essere fondato su ragioni arbitrarie.

Osserva il Tribunale, inoltre, che la società datrice di lavoro avrebbe dovuto verificare e domandare le ragioni alla base dell’esercizio del potere derivante dalla clausola del capitolato. La cooperativa invece si era limitata ad adottare un recesso sulla base dell’asserita impossibilità di continuare ad impiegare il ricorrente nell’appalto a fronte della decisione così arbitraria e quindi ingiustificata della committente. Ne consegue l’illegittimità del licenziamento.


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