Il licenziamento per giusta causa è intimato dal datore di lavoro in ragione di un comportamento del dipendente di gravità tale da determinare la immediata risoluzione del rapporto di lavoro senza consentire la prosecuzione dello stesso nemmeno in via temporanea. In questi casi il licenziamento si appalesa come l’unica sanzione possibile in quanto si è in presenza di una lesione irreversibile del vincolo fiduciario sussistente tra datore di lavoro e lavoratore.
Per tali ragioni il datore di lavoro è tenuto a contestare al lavoratore il fatto commesso immediatamente dopo la sua verificazione o, comunque, non appena questi ne sia venuto a conoscenza. Ciò compatibilmente con i tempi necessari al datore di lavoro per l’esatto accertamento dei fatti e per la valutazione della loro gravità. La condotta integrante la giusta causa di licenziamento può concretarsi in un singolo episodio, connotato di particolare gravità, ovvero in una serie ripetuta di infrazioni che porti alla lesione definitiva del vincolo fiduciario.
Licenziamento: quando c’è la giusta causa?
Qualora il licenziamento venga impugnato dal lavoratore, l’accertamento della sussistenza della giusta causa verrà condotto dal Giudice avendo riguardo agli elementi soggettivi ed oggettivi della fattispecie dedotta in giudizio quali, ad esempio, l’intensità dell’elemento intenzionale, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, la sussistenza di eventuali precedenti disciplinari, le particolari circostanze in cui il fatto è stato commesso, il disvalore ambientale della condotta ovvero le probabilità che questa venga ripetuta. Nella valutazione dei motivi di licenziamento il Giudice deve attenersi alle disposizioni di legge e tiene conto delle tipizzazioni presenti nei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi o nei contratti individuali di lavoro stipulati con l’assistenza delle commissioni di certificazione.
Dette tipizzazioni non sono vincolanti per il Giudice il quale è, comunque, tenuto a valutare l’adeguatezza della sanzione comminata al lavoratore rispetto alle circostanze del caso concreto. Al contrario, le previsioni dei contratti collettivi sono vincolanti per il Giudice nella misura in cui riconducano alla commissione di una determinata condotta l’applicazione di una sanzione di tipo conservativo. In tal caso il licenziamento deve essere considerato illegittimo in quanto trattasi di una sanzione sproporzionata rispetto alla gravità del fatto commesso dal lavoratore. Nella nozione di giusta causa possono rientrare, non solo condotte integranti l’inadempimento di obblighi discendenti dal contratto di lavoro, ma anche fatti relativi alla vita privata del lavoratore i quali, pur essendo estranei allo svolgimento del rapporto di lavoro, incidono sul vincolo fiduciario facendo venir meno l’interesse del datore di lavoro ad avvalersi della prestazione lavorativa. Trattasi di circostanze che rendono il lavoratore inidoneo a svolgere una determinata prestazione lavorativa in quanto, ad esempio, siano venute meno determinate qualità, morali o d’immagine, richieste per il suo svolgimento.
Vita privata del lavoratore e licenziamento
Con riferimento agli accadimenti relativi alla vita privata del lavoratore, sono stati giudicati di gravità tale da incidere sull’idoneità professionale del dipendente fatti quali il possesso e lo spaccio di stupefacenti, l’emissione di assegni a vuoto e l’aver subito protesti cambiari, la gestione abusiva di scommesse e gioco del lotto, il grave dissenso ideologico nel lavoratore addetto a mansioni di tendenza ovvero il fatto che il lavoratore rendesse falsa testimonianza in un giudizio civile tra il datore di lavoro ed un altro dipendente.
Mentre, per quanto riguarda eventuali inadempimenti contrattuali posti in essere dal lavoratore, sono stati riconosciuti dalla giurisprudenza quali giuste cause di licenziamento le assenze prolungate ed ingiustificate del dipendente, il furto o l’uso personale di beni aziendali, la falsificazione dei certificati medici presentati al datore di lavoro, le ingiurie, la diffamazione o l’aggressione nei confronti dei superiori, dei colleghi o del datore di lavoro, la violazione del dovere di fedeltà, la violazione dei doveri di riservatezza, di diligenza e di obbedienza, la falsificazione di documenti attestanti spese rimborsabili, la sottrazione o la diffusione, anche in copia, di documenti riservati o dati aziendali, sia pure per uso processuale, il rifiuto di eseguire la prestazione lavorativa o di attenersi alle misure di sicurezza.
Inadempimenti per cause disciplinari:
Infine si rileva come in tutti i casi in cui il licenziamento sia intimato a causa di notevoli inadempienze imputabili, a titolo di colpa, al lavoratore, e dunque anche nella ipotesi di licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro è tenuto ad attenersi alle disposizioni di cui all’art. 7 della L. 300/70. Detta norma, in particolare, impone al datore di lavoro, che intenda procedere all’applicazione di qualsiasi sanzione disciplinare (rimprovero orale, scritto, multa, sospensione o licenziamento), il rispetto di una specifica procedura prevista a tutela del diritto di difesa del dipendente. La norma citata, innanzi tutto, prevede l’obbligo del datore di lavoro di dare pubblicità al codice disciplinare applicato in azienda tramite affissione negli spazi comuni frequentati dai dipendenti.
In caso di inadempimenti rilevanti dal punto di vista disciplinare, l’art. 7 L. 300/70 prevede che il datore di lavoro sia tenuto ad una preventiva contestazione per iscritto degli addebiti rivolti al lavoratore. Detta contestazione deve necessariamente essere specifica e tempestiva. A tutela del diritto di difesa del lavoratore, l’art. 7 L. 300/70 prevede che a questi debba essere dato un termine, non inferiore ai cinque giorni dalla ricezione della contestazione, per far pervenire al datore di lavoro le proprie giustificazioni scritte. I contratti collettivi di categoria possono prevedere, a favore dei lavoratori, anche un termine a difesa maggiore.
In alternativa alle giustificazioni scritte, il dipendente può chiedere al proprio datore di lavoro di essere ascoltato oralmente alla presenza di un rappresentante sindacale dell’associazione alla quale aderisce o conferisce mandato. Una volta esaurita la procedura descritta, il datore di lavoro, qualora non ritenga di accettare le giustificazioni del lavoratore, può procedere all’applicazione della sanzione disciplinare che ritiene opportuna. La sanzione disciplinare deve essere comunicata tempestivamente al lavoratore e, a meno che non si tratti del rimprovero verbale, è richiesta la forma scritta. Al fine di scegliere la sanzione più proporzionata agli addebiti rivolti, il datore di lavoro può tenere conto anche di eventuali precedenti sanzioni disciplinari comminate al lavoratore quando non siano decorsi più di due anni dalla loro applicazione.