Indennità nel periodo di gravidanza
L’ordinamento garantisce alla madre lavoratrice una sicurezza economica durante il periodo della gravidanza e successivamente alla nascita del bambino prevedendo dei periodi di astensione dal lavoro con diritto della lavoratrice a percepire dall’Inps un’indennità nel caso in cui sussistano i requisiti previsti dalla legge. Nello specifico il Dlgs. 151/2001 prevede, a tutela della maternità, periodi di astensione e permessi dal lavoro durante il periodo di gravidanza e successivamente alla nascita, fino a 12 anni di età del bambino.
In tale quadro normativo di tutela della maternità si iscrivono gli istituti dell’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice o congedo di maternità e dell’astensione facoltativa dal lavoro o congedo parentale. Si tratta di periodi di astensione dal lavoro della madre lavoratrice previsti al fine di consentire alla stessa di avere il tempo necessario alla cura ed assistenza del bambino nei primi mesi di vita e nei primi anni successivi all’inserimento del bambino nella famiglia in caso di adozione o affidamento.
Il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità attribuisce alla madre lavoratrice durante la fruizione dei congedi obbligatorio e facoltativo, il diritto a percepire un trattamento economico, seppur ridotto, e il riconoscimento durante tali periodi di astensione di contributi figurativi ai fini pensionistici.
Come presentare domanda all’Inps
Al fine di ottenere la corresponsione dell’indennità di maternità occorre in primo luogo presentare domanda on line all’Inps accedendo con le proprie credenziali e compilando l’apposito form predisposto nel sito dell’istituto. I requisiti per presentare domanda di indennità per maternità all’Inps differiscono a seconda dell’attività lavorativa e della natura del rapporto di lavoro. Per le lavoratrici dipendenti è sufficiente avere un rapporto di lavoro in corso al momento di inizio del congedo.
Le colf e badanti devono avere almeno 26 contributi settimanali nell’anno precedente al congedo o 52 contributi settimanali nei 2 anni precedenti al congedo. Le lavoratrici agricole devono possedere la qualifica di braccianti con iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo. Per le lavoratrici sospese o disoccupate il congedo deve iniziare entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro, mentre se si ha diritto alla disoccupazione, alla mobilità o alla cassa integrazione, il congedo può iniziare oltre i 60 giorni. Per le disoccupate che negli ultimi 2 anni hanno svolto lavori che non prevedevano il contributo per la disoccupazione, il congedo spetta solo se il periodo di astensione è iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e sono stati versati all’Inps 26 contributi settimanali nei 2 anni precedenti.
Per le lavoratrice iscritte alla Gestione Separata Inps e non pensionati il diritto all’indennità di maternità spetta se, nei 12 mesi precedenti il mese di inizio del congedo di maternità, risultano accreditati o dovuti alla gestione separata almeno tre contributi mensili comprensivi della predetta aliquota maggiorata. La domanda di congedo per maternità va inoltrata all’istituto prima dei due mesi che precedono la data prevista del parto e non oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile, pena la prescrizione del diritto all’indennità.
Prima dell’inizio del periodo di congedo di maternità, la lavoratrice deve far pervenire all’Istituto il certificato medico di gravidanza, per il tramite di un medico del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato, che provvederà all’invio telematico dello stesso. La lavoratrice è tenuta a comunicare all’Inps la data di nascita del figlio e le relative generalità entro 30 giorni dal parto. Anche la domanda di congedo parentale deve essere presentata all’Inps in via telematica, ad essa si aggiunge, eventualmente, la richiesta di fruizione del congedo parentale ad ore presentata anch’essa tramite apposita domanda on-line.
Pagamento dell’indennità Inps
Il pagamento dell’indennità di maternità e dell’indennità per congedo parentale grava sull’Inps. In ragione della natura di contributi statali di tali indennità, infatti, il pagamento delle stesse incombe sullo Stato che provvede alla corresponsione di quanto dovuto ai neo genitori per mezzo dell’istituto previdenziale. Generalmente l’indennità di maternità viene anticipata alle lavoratrici in busta paga dal datore di lavoro, il quale provvede a comunicare all’Inps quanto corrisposto al fine di ottenere il rimborso delle somme anticipate alla lavoratrice.
L’indennità di maternità deve invece essere corrisposta direttamente dall’Inps tramite bonifico presso l’ufficio postale oppure tramite accredito sul conto corrente bancario o postale nei confronti delle seguenti lavoratrici: lavoratrici stagionali; operaie agricole a tempo determinato; lavoratrici dello spettacolo a termine; addette ai servizi domestici e familiari (le colf e le badanti); lavoratrici disoccupate o sospese; lavoratrici con contratti parasubordinati iscritte alla gestione separata Inps; lavoratrici autonome e libere professioniste iscritte alla gestione separata Inps; lavoratrici con contratti di collaborazione occasionale; lavoratrici assicurate ex Ipsema (settore marittimo).
Alla neomamma lavoratrice dipendente spetta un’indennità di maternità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sull’ultimo mese di lavoro precedente al congedo. Le lavoratrici iscritte alla gestione separata, qualora il reddito derivi dallo svolgimento di attività libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa parasubordinata, hanno diritto invece ad un’indennità pari all’80% di 1/365 del reddito.
Il periodo di astensione facoltativa, invece, non è integralmente indennizzato. In origine l’indennità economica andava fino al terzo anno di vita del figlio, per un periodo massimo di 6 mesi. Successivamente l’art. 9 D.Lgs. 80/2015 ha portato il periodo indennizzabile da 3 a 6 anni. L’ulteriore periodo fino ai 12 anni può essere indennizzato in tutto o in parte.
Pertanto, fino a 6 anni di vita del bambino, al genitore è dovuta un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera per un periodo massimo di 6 mesi. Dai 6 anni e un giorno agli 8 anni di vita del bambino, al genitore in congedo parentale spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione solo se il reddito individuale è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione.
Dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni di età del bambino, invece, al genitore non spetta alcuna indennità.
La retribuzione media giornaliera utile per il calcolo del congedo parentale, viene determinata considerando la retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo indennizzabile. Per le lavoratrici autonome e parasubordinate l’indennità è calcolata per ciascuna giornata del periodo indennizzabile in misura pari al 30% di 1/365 del reddito derivante da attività di lavoro per i lavoratori a progetto o parasubordinati dell’anno precedente alla fruizione del congedo e della retribuzione convenzionale prevista per l’anno del congedo per i lavoratori autonomi.
Grava inoltre sull’Inps la corresponsione dell’indennità dovuta per i permessi legati alla maternità ed in particolare per i 2 periodi di riposo giornalieri di un’ora ciascuno riconosciuti alla madre fino ad un anno di vita del bambino. Le suddette ore di riposo sono da considerare a tutti gli effetti ore di lavoro retribuite: per tali ore di riposo viene infatti riconosciuta un’indennità pari alla retribuzione che la lavoratrice avrebbe percepito lavorando regolarmente, la quale viene anticipata dal datore di lavoro e posta poi in capo all’ Inps tramite conguaglio.